Porte sul giardino

Volevo cambiare lavoro, per cambiare la mia vita.

Volevo cambiare lavoro, per cambiare la vita degli altri.

Ho affrontato un percorso di formazione e trasformazione, aprendo in me porte che avevo chiuso da anni. Dietro quelle porte ho scoperto un giardino rigoglioso, pieno di angoli inaspettati e di una vita selvaggia, tumultuosa, inarrestabile.

Giunta quasi alla fine di quel percorso, pronta ormai a spiccare il volo e piena di progetti, ho dovuto chiudere tutte quelle porte, in fretta, a chiave, per cercare di dimenticare il giardino, in cui mi era vietato stare.

Zoppicante, dopo quasi un anno, provo a riprendere a camminare. Come se mi riprendessi da un grave incidente, procedo a piccoli passi, con prudenza.

Ho riaperto uno spiraglio.

Quella vita tumultuosa è ancora lì, e vuole uscire. Vuole bloccare la porta perché non si chiuda più. Vuole che io spicchi finalmente il volo.

E con le ali tarpate non posso che guardare il cielo, così lontano, e urlare all’infinito, in silenzio, il mio dolore.

Sognare, consapevolmente

Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. (Shirley Jackson, L’incubo di Hill House)

Si dice che sognare non costa nulla, ma sognare costa caro.

Costa in termini di energie, quelle spese a inseguire il sogno e quelle che servono a tenerlo a galla, a impedire che sprofondi nel mare delle delusioni, delle difficoltà, delle abitudini.

Costa caro in termini di rapporti, perché chi ti circonda, soprattutto chi dovrebbe sostenerti e aiutarti a volare, quando ne parli ti guarda e scuote la testa. Meglio un lavoro frustrante ma sicuro, meglio una vita di grigia infelicità, ma con tante comodità, tanti oggetti che la rendano più sopportabile.

Ti trovi a chiederti se sei un pazzo irresponsabile o se siano gli altri a non avere coraggio. Ti trovi a chiederti se sognare sia davvero una cosa da ragazzini, o una necessità profonda e irrinunciabile dell’essere umano.

E guardandoti allo specchio capisci che magari non è fondamentale per tutti, ma lo è per te.

Grido

Da 14 anni faccio lavori che non c’entrano nulla con me, quello che trovo, perché devo sopravvivere – e spesso la mia ricerca era urgente, non ho potuto scegliere.

Mi sacrifico per dovere, per coloro che amo.

Il sacrificio permette a mio marito, appena nata la bimba che sorride, di lasciare un lavoro in vetreria che lo fa sentire in prigione per lavorare col fratello, prima da dipendente, poi da socio. Ci permette di andare avanti in momenti difficili.

Dopo 14 anni non ce la faccio più, e lascio il lavoro, che ormai detesto. Mi permetto di sognare un corso per riqualificarmi, per cominciare una nuova vita con un lavoro più interessante.

Il sogno dura un mese. Poi la schiena di mio marito mi riporta alla realtà – lui dovrà lasciare un lavoro in cui ha 20 anni di esperienza, con la prospettiva di trovare poco o niente, e io tornare a fare quello che ho fatto per anni: un lavoro che non amo, che non mi appassiona, che mi spegne.

Ed è un grido di dolore quello che mi sale dalle viscere, e mi tiene sveglia nella notte, il grido di chi vorrebbe liberarsi, ma non può.

Aspettative

Ci si aspetta che io cerchi lavoro – aggiorni il curriculum, guardi le offerte, magari faccia qualche corso.

Ci si aspetta che io mi occupi della casa – visto che non devo andare in ufficio, oltre all’ordinaria amministrazione posso riordinare, pulire a fondo, buttare ciò che non serve.

Ci si aspetta che io mi occupi di affitto e bollette, delle faccende amministrative e legali – l’ho sempre fatto, anche lavorando, e ho buona memoria per tenere a mente tutto.

Ci si aspetta che mi occupi dei bambini – che io pensi non solo a nutrirli e vestirli, ma faccia fare loro attività stimolanti e educative, e aiuti la piccola sapiente coi compiti per le vacanze (ché io credevo che dopo la quinta elementare passasse un’estate senza compiti, e invece…), senza mai far mancare l’affetto.

Ci si aspetta che io mantenga interessi, passioni, hobby – ora che non devo andare in ufficio, ho tutto il tempo per coltivarle e arricchirmi spiritualmente e culturalmente.

Ci si aspetta, anche, che ormai 39enne io non trascuri il mio aspetto fisico – bisogna rimediare ai danni del tempo e delle gravidanze e cercare di mantenere bene quello che c’è, così che mio marito guardandomi non veda una vecchia e che a un colloquio di lavoro io possa fare buona impressione, oltre a sentirmi bene con me stessa.

Ci si aspetta che nel corso delle 24 ore io faccia tutto questo, e lo faccia bene, perché sono intelligente e dotata, e un risultato mediocre, da me, non sarebbe accettabile.

Ci si aspetta che io faccia tutto da sola, naturalmente, perché gli altri lavorano, e io no.

In breve_93

Sprofondo in un mare di solitudine, proprio quando stare sola è veramente impossibile.

Prospettive per il futuro

Anche le persone più resistenti, se lungamente provate, possono avere dei cedimenti.

Da anni combatto per sopravvivere, per migliorare la vita della mia famiglia. Ci sono stati passi indietro, ma pian piano stavamo avanzando.

Ora che la tempesta si è abbattuta su di noi e se n’è andata, mentre attendiamo che il mondo attorno trovi il suo nuovo equilibrio, valutiamo le prospettive per il futuro. E qui arriva lo sconforto.

Da tempo desidero cambiare lavoro, trovandomi in un’azienda che opera in un settore poco compatibile con le mie idee, nella quale l’etica non è importante e dove il benessere dei lavoratori non ha alcuna rilevanza. In questo periodo, in cui tra malattia prima e ferie forzate poi non avrei dovuto lavorare, l’ho fatto in realtà quasi tutti i giorni, e lo fanno regolarmente i miei colleghi che sono già in cassa integrazione. Lo stato d’animo, naturalmente, non se ne giova.

Dipendiamo però interamente dal mio stipendio, dal momento che mio marito, autonomo, è fermo ormai da un mese e mezzo, e ancora lo sarà per un tempo indefinito. E questo rende davvero fosche le prospettive per il futuro.

Le scuole non riapriranno a breve, e così centri estivi e simili. La piccola sapiente, che comincia le scuole medie, ha la prospettiva della scuola a settembre, dal momento che inizia le medie, ma per asili nido e scuole materne i tempi saranno lunghi, lunghissimi – se ne riparla quando ci sarà un vaccino, probabilmente.

I nonni vanno tutelati, in quanto soggetti a rischio, ma sono gli unici che possano permetterci di lavorare entrambi.

L’alternativa è la disoccupazione. Dalla quale non sarà semplice uscire, in un clima di incertezza, e con tre figli.

Motivazionale

Qualche giorno fa su un gruppo Facebook dedicato ai libri è stato chiesto alle mamme quando trovassero il tempo per leggere.

In mezzo ai tempi morti più disparati (pause pranzo, code agli sportelli, sale d’attesa, sport dei figli, mezzi pubblici…) c’erano quelle che consigliavano di svegliarsi prima al mattino, facendo anche riferimento a un libro motivazionale.

Molte hanno risposto che nonostante la fatica iniziale poi hanno trovato piacevole quell’oretta per loro ricavata alzandosi alle 6.30.

Ora, al di là del fatto che “motivazionale” per me è una specie di anatema, alzarmi alle 6.30 per me sarebbe già un meraviglioso regalo in termini di sonno.

Spesso si risponde con consigli a casaccio, senza conoscere le vite di coloro che abbiamo di fronte, e le frasi motivazionali che hanno funzionato benissimo con alcuni possono essere estremamente irritanti per altri. Tendiamo a giudicare le persone da dettagli che scollegati dal contesto danno un’idea falsata della situazione, e successivamente fatichiamo a staccarci da questo giudizio iniziale.

Attendo con ansia il giorno in cui la mia vita non sarà oggetto di consigli su come migliorarla, ma sarà piena di aiuti per raggiungere l’obbiettivo.

Neve apparente (vero gelo)

Il modo è gelato, gli alberi e i prati ricoperti di brina trasformatasi in ghiaccio, perchè con la nebbia la brina non ha la possibilità di sciogliersi. Sembra che abbia nevicato, e il cielo bianco, per me che son cresciuta in montagna, fa pensare che debba nevicare nuovamente. E’ bello e poetico. E infinitamente triste.
Come me.
Certe mattine è particolarmente difficile prendermi cura di me stessa. Faccio la doccia, asciugo i capelli, spalmo creme idratanti su corpo e viso, poi mi fermo a pensare che a nessuno importa se la mia pelle è liscia e i miei capelli morbidi. Se è vero che non puoi amare gli altri quando non ami te stesso, è altrettanto vero che a volte è difficile volersi ancora bene e non lasciarsi andare.
Una parte di me fluttua in questa nebbia, desiderosa di perdersi per sempre, perchè essere qui ogni giorno sembra diventare impossibile.

Ma che ve lo dico a fare?!?

Lo ammetto, ho lavorato per più di due anni in un call center.
Ammetto anche di essere disoccupata e di avere una certa necessità di trovare un lavoro.
Vorrei però capire perchè tutte le agenzie interinali e le società di selezione cui mando il mio curriculum, dopo un colloquio preliminare o una lettera di presentazione nei quali spiego che tipo di lavoro vorrei fare, specificando che aspiro a mansioni più qualificate di quelle da me già svolte, e chiarisco che ho dei limiti ben definiti di orario, mi chiamano poi per propormi attività di telemarketing o teleselling, in luoghi lontani da casa e con orari non compatibili con le mie esigenze, ignorando tanto le mie esperienze lavorative degli ultimi due anni quanto ciò che ho detto loro.
E’ scoraggiante, perchè sembra che se a 30 anni non hai già una carriera avviata non ci sia ormai più nessuna speranza, ed è offensivo, perchè un’offerta così palesemente non in linea con le esigenze e le aspirazioni di una persona significa che colloqui e lettere di presentazione vengono semplicemente ignorati; inoltre, lascia molte perplessità sulle capacità di chi fa le selezioni e la reale efficacia di questi intermediari.

Conforto inatteso

L'abbraccio di cui avevo bisogno è arrivato, da una direzione inaspettata.
Insieme al conforto è arrivata la sensazione che, nonostante la recente e passata esperienza, dare fiducia agli altri e non mostrarsi sempre corazzati potrebbe davvero essere una soluzione.

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