Ieri sono dovuta andare in anticipo a prendere la bimba che sorride, la quale frequenta ormai la scuola primaria.
Mentre attendevo nell’androne, vedevo bene il cortile interno della scuola. Era una bella giornata, faceva anche caldo per essere gennaio, e mi sono trovata a osservare una scena bizzarra.
Una decina di bambini, probabilmente una terza, tutti con indosso giacca e mascherina, girava attorno al cortile. I bambini erano in fila indiana, distanziati uno dall’altro, e giravano di continuo, a passo sostenuto, mentre una donna (l’insegnante, suppongo) li osservava dal centro del cortile.
Mi sono sentita sdoppiata, divisa. Da un lato ho apprezzato il tentativo dell’insegnante di far fare movimento ai bambini, che altrimenti con la palestra inaccessibile causa covid passerebbero tutte le loro giornate seduti, e di far anche respirare loro aria più fresca di quella che c’è in aula (pulita, così vicini a Milano, temo sia impossibile). Dall’altro lato mi hanno ricordato i carcerati dei film, mentre camminano in cerchio durante l’ora d’aria.
E ora sono qui, dentro la mia casa calda ma angusta, a passare giornate tiepide e assolate davanti al computer, svolgendo un lavoro che mi serve disperatamente ma che mi fa sentire, in fondo, come se girassi in tondo nel cortile di una vita che, invece, si svolge ricca e vibrante altrove.