Dove

Dove la terra è aspra, e a volte cade.

Dove la vegetazione si aggrappa, a volte sgretola, più spesso trattiene.

Dove il vento ha lo stesso rumore dell’acqua che scorre, perché scuote infinite fronde, e vento e ruscello rinfrancano in ugual misura.

Dove silenzio, solitudine, fatica, distanze – orizzontali e verticali – sono minuti, ore, giorni.

Dove senti te stesso, invece delle voci delle aspettative altrui.

Ecco dove il mio spirito è vivo e libero.

Poi torno, e sprofonda, lo sguardo alzato a desiderare.

Dall’alto

Da mesi, ormai, oscillo tra pochi momenti buoni, e molti altri in cui sono francamente molto giù, fisicamente e psicologicamente.

Trovando difficile ricaricarmi in mezzo al cemento e alla confusione, un giorno ho deciso di lasciare i bambini a scuola e poi andarmene a camminare in montagna. In alto, dove c’è silenzio e si vede lontano.

Lassù, dove si sentivano solo grilli, uccellini e campanacci di vacche, ho volto lo sguardo in direzione di Milano, in direzione dei luoghi dove vivo, e ho visto una cappa marroncina, netta, al di sopra della città.

È come se quella cappa pesasse su di me, sulle mie idee, i miei sogni. Il mio futuro.

A badilate

Un paio di giorni fa ha nevicato. Una nevicata bella, a larghe falde, che alla fine ha lasciato sul terreno una ventina di centimetri di neve soffice e asciutta.

Quando mi sono svegliata, affacciandomi alla finestra mi sono resa conto che il cancello carraio del condominio faticava ad aprirsi, così ho lasciato la famiglia a dormire e dopo aver fatto colazione sono scesa a spalare neve dalla rampa dei garage.

Lì ho trovato un vicino che dava istruzioni a una donna su come affrontare la salita in auto. Ho afferrato il badile lasciato a disposizione dall’impresa di pulizie e mentre lui spargeva sale mi sono messa a sgombrare rampa e cancello.

Mezz’ora dopo avevo finito e sono risalita, ma in breve era tutto bianco di nuovo, così altri due condomini e mio marito sono scesi a spalare a loro volta, spargendo contestualmente il sale.

Verso le dieci sono arrivati i dipendenti dell’impresa di pulizie, che si sono fumati una sigaretta, hanno criticato il lavoro fatto da noi e poi hanno sgombrato i vialetti in cortile.

Tutto questo mi ha ricordato le nevicate in valle, quando uscivamo tutti a spalare prima ancora che il cielo si rischiarasse. Vedevi persone di età diverse, uomini, donne e ragazzi, e se qualcuno era solo o non in grado di cavarsela veniva aiutato dai vicini.

Il condominio dove abito dovrebbe avere la rampa riscaldata ma – fatalità – dopo l’ultimo intervento degli elettricisti le resistenze hanno smesso di funzionare. L’impresa di pulizie avrebbe il compito di sgombrare i passaggi e la rampa dei garage, e viene pagata a parte per questo, ma nonostante la neve fosse ampiamente prevista nessuno si è presentato finché chi doveva andare al lavoro non era già uscito da tempo.

Infine, non meno importante, ci sono oltre 60 appartamenti nel condominio, ma solo da quattro di questi qualcuno è sceso a spalare. Non per tutti era una necessità, fra l’altro, dato il periodo di ferie.

Quando confronto il luogo in cui vivo con quello in cui sono cresciuta, sono queste le differenze che noto, rendendomi conto di quanto il mio approccio risulti anomalo da queste parti: darsi da fare, sempre, senza rimandare e pensando al bene comune.

Saranno rozzi, i montanari, ma pur essendo più isolati sono forse meno soli.

Gestione dell’emergenza

Mio marito ha cominciato a stare male il primo mercoledì di marzo. È rientrato dal lavoro con sintomi sospetti, ha chiamato il numero verde regionale e poi il 1500, dove gli hanno detto di chiamare il medico di base.

Il medico di base ha prescritto antibiotico e aerosol, con l’indicazione di chiamare il 112 se dopo 3 giorni non fosse scesa la febbre.

Io sono andata al lavoro, dal medico a ritirare la ricetta, in farmacia.

La domenica, non stando meglio, ha mandato un messaggio al suo medico e chiamato il 112, che ha detto di chiamare la guardia medica, che dopo quasi 3 ore di attesa ha messo giù. Il medico di base lo ha richiamato, dicendo di continuare la terapia.

Il lunedì la febbre si è alzata, ha richiamato la guardia medica, che lo ha rimandato al medico curante, specificando che sarebbe dovuto venire a visitarlo. Nel frattempo, io avevo febbre e fortissimo dolore alle ossa.

Il mercoledì il medico curante ha finalmente promesso di passare. È arrivata dopo pranzo, lo ha visitato mentre noi stavamo in mansarda, e ha immediatamente chiamato l’ambulanza.

Mio marito è uscito in ciabatte, col telefono e il caricabatterie in tasca, l’unica mascherina in nostro possesso sul naso, e se lo sono portati via direttamente dal portone, senza che lo salutassimo.

La sera dopo mi comunicava che il suo tampone era positivo e sarei stata contattata da ATS per istruzioni.

La prima telefonata l’ho ricevuta la domenica mattina dal sindaco, e da allora tutti i giorni sento la polizia locale che verifica che stiamo bene e stiamo a casa. ATS non ha chiamato.

Dopo 6 giorni è stato riaccompagnato a casa da un’ambulanza (che abbiamo pagato), con la mascherina chirurgica che indossava dal momento del ricovero e la raccomandazione di usare bagno e stanze separati rispetto a noi, perché ancora contagioso. La faccia del suo accompagnatore quando ha visto le dimensioni di casa nostra era eloquente.

Nel frattempo anche mia suocera è stata ricoverata e dimessa, e solo in seguito alla sua segnalazione ATS ha telefonato. A mio marito, non a me.

Al numero datomi dal sindaco in caso di necessità, quando abbiamo chiesto se esistesse un servizio di consegna spesa, ci hanno gentilmente risposto di cavarcela da soli.

Questo è parte di ciò che accade in provincia di Milano, e non può che peggiorare.

In breve_82

A gennaio saranno 10 anni che vivo in provincia di Milano.

Questo posto mi spinge a livelli di misantropia mai nemmeno immaginati.

Prospettive su una città

Ognuno di noi ha molti volti. Può capitare di parlare con qualcuno della medesima persona, e avere la sensazione di conoscere due individui differenti.
Per i luoghi vale lo stesso discorso: occhi diversi, diverse esperienze, diversi ricordi, possono trasformarli completamente.
Milano per me è una città di grandi viali pieni di auto parcheggiate, di gente frettolosa che se ti urta non chiede scusa, di palazzi alti, grigi e generalmente brutti, di traffico irritante che mi spaventa. Quando mi capita di andarci, percorro le strade senza vedere granchè, concentrata sulla mia meta, anche se talvolta colgo in un raggio di sole, in una facciata, nel sorriso dei passanti a un bambino, i barlumi di ciò che mi rende felice in altri luoghi.
Oggi ho percorso alcune strade del centro con la guida di qualcuno che a Milano ci è nato e cresciuto, e davvero è un'altra città. Gli stessi luoghi che ho visto decine di volte, i quali però acquistano un senso, una vita diversi se raccontati da chi, lì, ha dei ricordi che non siano da semplice turista – come invece sono i miei, visto che per lo più ci sono stata per visitare mostre o monumenti. Ci sono stati anche luoghi nuovi, nei quali ho percepito (anche se, certo, una parte di me già lo sapeva) che questa, in fondo, è stata ed è una città come ogni altra, nonostante lo smog, la fretta e la smania di successo che solitamente vengono usati per raccontarcela.
E' stato un dono da niente, ma un dono grande, per una che nel mondo si sente spesso troppo piccola, troppo sola e quasi completamente persa.

Apocalisse (gioiosa)

Andare e tornare da Milano in treno, girare in metropolitana, significa vedere decine, centinaia di persone. Diverse. Diverse per età, sesso, razza (parola che non mi piace, ma che rende l'idea), nazionalità, abbigliamento, professione, espressione e tante altre cose. Persone che con questo caldo sono mediamente più "rilassate" rispetto ad altri periodi, perchè restare impettiti e perfettamente in ordine quando desideri solo abbracciare un ventilatore non è molto semplice.
Milano è piena di uomini in giacca e cravatta, i quali ai miei occhi hanno un certo fascino, e di modelle più o meno magre e più o meno belle, tutte avvinghiate al book.
Poi una sera, tornando verso casa e godendosi l'aria condizionata, dagli auricolari sgorga una musica, e la città si spospola, rimane vuota. Il cielo è sempre azzurro, ma è una mattina d'estate, quando un venticello carezza i campi. Ci sono solo gli edifici, gli oggetti, e le piante, che piano piano crescono su ogni cosa, verdi, fresche, innocenti.
E ricominciamo, in pochi, incontrati per caso mentre cerchiamo cibo. E io e la piccola sapiente camminiamo per mano all'alba del mondo.

Copioni e ballottaggi

Dopo due settimane di assenza, dovute al simpatico malanno che non so come mi son presa, ieri sera sono tornata al corso di teatro. Ho finalmente scoperto che spettacolo faremo (be', press'a poco, il copione me lo consegnano stasera) e quale sarà il mio ruolo.
Come nella recita di prima media, sarò in scena da sola, a inizio spettacolo. Si vede che è destino.

Prima di entrare, si chiacchierava del più e del meno, e inevitabilmente il discorso è caduto sui ballottaggi a Milano, sugli spot elettorali fatti dal Presidente del Consiglio a favore del sindaco uscente, sugli scherzi fatti ai candidati, soprattutto via web. Ad occhio e croce direi che tutti i miei interlocutori si collocavano più o meno a sinistra, quindi potete immaginare il clima di gioioso ottimismo, quasi di trionfo, dal quale mi sentivo esclusa.
Un po' si tratta dell'effetto dell'antibiotico, lo so bene, e infatti tutti hanno notato che ero sonnolenta e silenziosa; un po' si tratta di ciò che mi è capitato di recente, di cui in gran parte sapete; tuttavia, anche a mente lucida non mi sentirei di essere così ottimista.
Sono felice che il candidato del centrosinistra fosse in vantaggio al primo turno, e mi auguro sinceramente che vinca al ballottaggio, ma ricordo altre occasioni in cui la sinistra ha esultato, convinta di avere la vittoria in tasca, e poi si è presa una sonora batosta. Batosta meritata, a mio parere.
La politica non è (non dovrebbe essere) una serie di gare in cui vince il più bravo, o il più forte; la politica è (dovrebbe essere) un lavoro duro, costante, disciplinato, che permetta di amalgamare esigenze diverse, diverse provenienze culturali – e non parlo di stranieri – e diverse capacità, qualcosa che permetta a tutti noi di progredire insieme.
In bocca al lupo al candidato-che-ha-tutte-le-colpe per il ballottaggio, e auguriamoci che porti davvero un cambiamento.

Io intanto cerco di sopravvivere all'antibiotico.

Congiure (a buon fine)

Lo scorso anno avevo mandato il mio curriculum a un'agenzia interinale per partecipare a un corso sulla gestione delle risorse umane. Prima che il corso iniziasse, mi avevano richiamata offrendomi un lavoro, che si è poi rivelato un'esperienza molto positiva (al di là delle terribili code in tangenziale, che comunque ho imparato a gestire).
Domani devo andare ad iscrivermi a un altro corso; oggi mi ha chiamata la stessa agenzia, proponendomi un altro lavoro.
Credo che congiurino contro di me.

Ovattata

Nebbia fitta. Smalto sbeccato. Mezzi guanti.
Credo che oltre che nelle ossa, l'umidità mi si sia infilata anche nel cervello. Lo sento lento, ho tutte le idee ovattate.
Mi è piaciuta questa mattinata tra uffici e mezzi pubblici, per quanto possa sembrare incredibile.
E' stato bello chiacchierare con l'autista dell'autobus, che evidentemente aveva a sua volta bisogno di qualcuno che non lo trattasse come un automa che fa muovere un mezzo.
Mi piace essere nessuno, essere solo me stessa e non la mamma della piccola sapiente, anche solo per un paio d'ore, anche se poi corro subito da lei.
Mi sto chiedendo se mi conviene andare a chiedere l'indennità di disoccupazione, ora che ho i requisiti.

Voci precedenti più vecchie