Mio marito ha cominciato a stare male il primo mercoledì di marzo. È rientrato dal lavoro con sintomi sospetti, ha chiamato il numero verde regionale e poi il 1500, dove gli hanno detto di chiamare il medico di base.
Il medico di base ha prescritto antibiotico e aerosol, con l’indicazione di chiamare il 112 se dopo 3 giorni non fosse scesa la febbre.
Io sono andata al lavoro, dal medico a ritirare la ricetta, in farmacia.
La domenica, non stando meglio, ha mandato un messaggio al suo medico e chiamato il 112, che ha detto di chiamare la guardia medica, che dopo quasi 3 ore di attesa ha messo giù. Il medico di base lo ha richiamato, dicendo di continuare la terapia.
Il lunedì la febbre si è alzata, ha richiamato la guardia medica, che lo ha rimandato al medico curante, specificando che sarebbe dovuto venire a visitarlo. Nel frattempo, io avevo febbre e fortissimo dolore alle ossa.
Il mercoledì il medico curante ha finalmente promesso di passare. È arrivata dopo pranzo, lo ha visitato mentre noi stavamo in mansarda, e ha immediatamente chiamato l’ambulanza.
Mio marito è uscito in ciabatte, col telefono e il caricabatterie in tasca, l’unica mascherina in nostro possesso sul naso, e se lo sono portati via direttamente dal portone, senza che lo salutassimo.
La sera dopo mi comunicava che il suo tampone era positivo e sarei stata contattata da ATS per istruzioni.
La prima telefonata l’ho ricevuta la domenica mattina dal sindaco, e da allora tutti i giorni sento la polizia locale che verifica che stiamo bene e stiamo a casa. ATS non ha chiamato.
Dopo 6 giorni è stato riaccompagnato a casa da un’ambulanza (che abbiamo pagato), con la mascherina chirurgica che indossava dal momento del ricovero e la raccomandazione di usare bagno e stanze separati rispetto a noi, perché ancora contagioso. La faccia del suo accompagnatore quando ha visto le dimensioni di casa nostra era eloquente.
Nel frattempo anche mia suocera è stata ricoverata e dimessa, e solo in seguito alla sua segnalazione ATS ha telefonato. A mio marito, non a me.
Al numero datomi dal sindaco in caso di necessità, quando abbiamo chiesto se esistesse un servizio di consegna spesa, ci hanno gentilmente risposto di cavarcela da soli.
Questo è parte di ciò che accade in provincia di Milano, e non può che peggiorare.